martedì 1 settembre 2015

La Grande Madre è arrivata a Palazzo Reale!

la grande madre harrison
Rachel Harrison, Untitled ( Perth Amboy), 2001
La confusione che non ti aspetti in un banale martedì di fine agosto, fra rientri e ultimi scampoli di vacanza: questa è la prova che l’arte aggrega, incuriosisce e che ancora abbiamo voglia di stupirci e riflettere. Così era Palazzo Reale a Milano il 25 agosto a mezzogiorno: tutti in pista per l’attesissima La Grande Madre, la mostra curata da Massimiliano Giorni per la Fondazione Trussardi, che questa volta ha fatto le cose davvero in grande. L’attesa era dovuta anche a una piuttosto martellante campagna: la prima conferenza stampa di presentazione risale a questa primavera, le immagini della mostra impazzano già da un po’ sui vari social network. Insomma, Trussardi vuole assolutamente reggere il confronto con Prada in questo 2015 che per Milano è un anno chiave. 

Tentativo riuscito? Di sicuro l’ultima conferenza stampa è sulla bocca di tutti. Con Gioni in collegamento da New York perché la compagna ha partorito proprio qualche giorno prima e il piccolo che mostrandosi alla webcam ha già usufruito dei warholiani 15 minuti di celebrità (per la verità un po' meno, è chiaro) si vince facilmente. Mai come in questo caso vita e arte si fondono, dunque, dato che il tema della mostra ruota intorno alla maternità

La Grande Madre è la risposta ad Arts & Foods di Celant e alle innumerevoli mostre che concepiscono il tema di Expo 2015, Nutrire il Pianeta, Energie per la Vita, solo come legame fra l’arte, il cibo, la produzione di energia sostenibile ecc. Massimiliano Gioni e Breatrice Trussardi lo declinano invece riportandoci alle origini, ricordando che la vera forza generatrice, la vera energia vitale risiedono in lei: la donna, la madre, la Terra. Una scelta forse meno banale ma comunque potenzialmente nazionalpopolare, come si deve per l’esordio di Trussardi a Palazzo Reale. 

la grande madre pipilotti rist

Pipilotti Rist, Homo Sapiens Sapiens, 2005
Il risultato? Più di 150 opere che regalano al Comune di Milano l’occasione - finalmente -  di accogliere non solo alcuni capolavori del Novecento, ma soprattutto i più grandi nomi dell’arte contemporanea. Una mostra di grande ricerca, il cui lavoro è iniziato circa due anni fa. Una mostra enciclopedica alla Gioni, che sviluppa il tema del femminile contemporaneamente in ordine cronologico e in ottica tematica. Ci sono le pioniere dell’arte femminile, dalla prima regista donna Alice Guy-Blanché ad Ana Mendieta, ci sono le avanguardie, dalla misoginia futurista che poi si rovescia grazie al ruolo di Benedetta, moglie di Marinetti, alle provocazioni Dada e Surrealiste. Ci sono i riferimenti cinematografici, una piccola e bellissima Frida Kahlo ritratta cerva ferita, le grandi femministe degli anni Sessanta, una sala interamente dedicata a Louise Bourgeois, uno dei video più trasgressivi di Nathalie Djurberg, una fantastica proiezione di Pipilotti Rist e l’elenco dei nomi degni di nota è davvero lungo. 

la grande madre djurberg

Nathalie Djurberg, It’s the Mother, 2008
Se pensate di poterla gustare solo con una passeggiata vi sbagliate di grosso: qui c’è molto da pensare, bisogna andare preparati perché niente è lasciato al caso. Certo, c’è la consueta brochure e ci sono i mediatori in sala che fanno un gran lavoro, ma la mostra è dichiaratamente intellettuale e rischia di allontanare il visitatore. Un merito del curatore, bravissimo come sempre ad individuare chicche e pescare in un ampio background culturale (ma comunque sempre il suo preferito, senza grandi voli pindarici al di fuori), ma anche un limite. Tutto questa ricerca rischia di rendere la mostra cerebrale, manca di cuore. Alcune opere fanno eccezione, come l’installazione di Nari Ward, Amazing Grace: 280 passeggini dismessi raccolti per le strade di Harlem accompagnate da un canto gospel. Decisamente fra le mie opere preferite della mostra. O come la performance di Roman Ondak che coinvolge i visitatori imitando le madri a insegnare al proprio figlio a camminare fra le sale di Palazzo Reale. Ma all’uscita la sensazione è quella: un compito ben riuscito, ma la lode è un po' lontana. 

Detto questo, ben vengano altre mostre così per Milano, dove pubblico e privato collaborano, dove i prestiti eccezionali si sprecano, dove la gente rinuncia agli ultimi soleggiati giorni di vacanza anticipando il ritorno alla cultura per la curiosità e la fame di arte. Bene così. 

Nessun commento:

Posta un commento